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Sono tempi, questi che stiamo vivendo, in cui piu’ che mai necessitiamo una messa ‘a fuoco’ della nostra coscienza  dal mondo esterno verso il nostro interno. E’ solo lasciando il mondo fuori, con  anche il suo brusio e chiacchiericcio mentale incessante e assordante,  che possiamo percepire un senso di  visione spirituale profonda, portatrice di verità e di intuizioni, di significati profondi nella nostra esistenza indipendentemente dal tipo di vita che conduciamo.

Ricercare momenti di solitudine o immergersi in sé stessi mentre si rigoverna la casa o si tira a lustro la propria auto , o ci si sistema il box, o si riordinano gli armadi, o si corre o si cammina in silenzio nella Natura, rappresentano una possibile  via tra tante per creare e mettere ordine dentro di se’, chetando la mente e venendo assorbiti in piena Presenza in ciò che si fa.

Quando si è assorbiti in modo meditativo da ciò che si fa, si è sospesi in uno stato di estrema consapevolezza che non tiene conto della frenesia del quotidiano, né delle lancette dell’orologio e si ha la sensazione di avere davanti a sé tutto il tempo possibile. Ci si trova quindi in quello che i greci chiamavano kairos, che in greco antico significa tempo propizio ed è quel tempo a cui si partecipa con tutto noi stessi e che ci nutre psicologicamente, come ci succede in tutte le esperienze dove perdiamo il senso del tempo e ne sperimentiamo quasi una dimensione sacra.

Riuscire a trovare in noi il nostro “punto fermo” che dà senso alla Vita e all’attività in genere, esprime più che mai una necessità della nostra Anima poiché significa riconoscerne il bisogno di centrarsi sulla sacralità dell’esistenza e celebrarla o esercitando la Presenza o con meditazioni o con la preghiera.

Siamo chiamati più che mai in questi tempi a riscoprire  e a portare il sacro nel nostro quotidiano e  questo richiama ad un  archetipo del femminile che presiede all’ordine interiore e  alla concentrazione sul mondo interno come simbolo di completezza e totalità.

L’archetipo in questione e’ rappresentato dalla dea dell’Antica Grecia di nome Estia. Estia era la dea del focolare, inteso come fuoco che arde su un focolare rotondo posto al centro della casa, del tempio e della città. La sua presenza rendeva  sacro ogni edificio, per cui nessuna abitazione né tempio erano consacrati fino a che non vi avesse fatto ingresso lei, identificata  come fuoco sacro e che veniva avvertito come calore familiare, protezione, amore, sicurezza, luce.

Il fuoco sacro di Estia era quello che la madre della sposa accendeva dal proprio focolare domestico quando una coppia si sposava e lo portava nella nuova dimora degli sposi a consacrazione della nuova dimora. Era anche quello che veniva acceso dopo la nascita di un bambino a rappresentare l’ingresso del piccolo entro la cerchia familiare. Allo stesso modo, ogni nuova comunità  o  città-stato greca che veniva fondata, si portava il fuoco sacro dalla città di origine per accenderlo nell’ edificio principale così da avere un fuoco sacro comune.

Questo  collegamento simbolico col fuoco sacro della vecchia residenza con la nuova, era  un forte simbolo di continuità e di interdipendenza, di coscienza condivisa e d’identità comune.

Sempre a livello simbolico vediamo ancora come  il focolare a forma di cerchio di Estia, con il fuoco sacro al centro, ha la stessa forma del MANDALA, un’immagine usata nella meditazione orientale proprio come simbolo di completezza e di totalità.

Jung sul simbolismo dei mandala  ha scritto:

“Il loro motivo di base è l’idea di un centro della personalità* , di una sorta di punto centrale all’interno dell’anima al quale tutto sia correIato, dal quale tutto sia ordinato e il quale sia al tempo stesso fonte di energia. Questo centro non è sentito né pensato come lo, ma come Sé” (*il “centro di gravità permanente” per citare il Maestro Battiato).

Io aggiungo il Sé Superiore.

Il Sé è ciò che sperimentiamo internamente quando sentiamo un rapporto di unità, che ci collega all’ essenza di tutto ciò che è fuori di noi.

A questo livello spirituale, ‘unione’ e ‘distacco’ sono paradossalmente la stessa cosa. Quando ci sentiamo in contatto con una fonte interna di amore e di luce (metaforicamente, scaldate e illuminate da un fuoco spirituale), questo ‘fuoco’ scalda coloro che amiamo e con cui condividiamo il focolare e ci tiene in contatto con chi è lontano.

Ricordiamoci che  La dea e il fuoco erano una sola cosa e univano le famiglie l’una all’ altra e  le città-stato alle colonie. Estia era l’anello di congiunzione spirituale fra tutti loro.

Ecco che l’unione con gli altri è un’ espressione del Sé.

E c’è di più…..Nell’Antica Grecia Estia compariva spesso con  Ermes, messaggero degli dèi, noto ai romani come Mercurio. La  prima rappresentazione di Ermes fu una pietra a forma di colonna, chiamata erma, praticamente un pilastro, un simbolo fallico.

Nelle case, il focolare rotondo di Estia (simbolo del principio femminile) era posto all’interno, mentre il pilastro fallico di Ermes si trovava sulla soglia.

Ciascuno dei due svolgeva una funzione distinta e preziosa e a sottolineare questa separazione, Estia è una dea vergine, che non verrà mai penetrata, è la più anziana degli dèi dell’Olimpo ed è anche la zia nubile di Ermes, che veniva considerato il più giovane tra loro: un’unione estremamente improbabile.

Ma cosa volevano rappresentare? 

Erano due divinità separate ma complementari, dove ognuno dei due seppur l’opposto e l’ombra dell’altro ne era anche il polo di compensazione ed equilibrio e infatti venivano entrambi onorati presso il focolare domestico e nei templi.

Estia provvedeva calore e santificava la dimora dove la famiglia si riuniva insieme: il luogo dove fare ritorno a casa, mentre Ermes rimaneva sulla soglia dando protezione, come guida e compagno nel mondo, come personificazione della MENTE intesa come intelligenza, capacità logico-deduttiva, capacità di comunicazione

Da questa loro complementarietà cosa ne emerge?

Emerge che la mente, simboleggiata da Ermes, non può entrare nel tempio, va lasciata fuori, perché nel tempio non c’è qualcosa da capire con la mente ma da sentire, da rivelare al cuore, quel  qualcosa che non può essere afferrato, toccato dalla mente ma dall’anima.

Il tempio, la casa, il nostro mondo interiore sono il luogo di elezione che conduce al grande silenzio interiore, nel quale l’anima contempla la porta per permettere alla realtà altra, celata da essa, di manifestarsi.

Poi però cosa accade?

Accade che dalla fine del tempo dei greci in poi, le culture occidentali hanno messo l’accento sulla dualità, come netta  separazione fra maschile e femminile, fra mente e corpo, fra logos ed eros, fra attivo e ricettivo, che divennero  poi nel tempo tutti, rispettivamente,  vàlori superiori e inferiori.

E da allora, Estia con il suo significato e simbolismo, ha perso valore ed è stata dimenticata.

Mai come nei nostri tempi i suoi fuochi sacri non vengono più custoditi e ciò che rappresentava non è più onorato.

Quando i valori femminili legati al suo archetipo vengono dimenticati e disonorati, l’importanza del santuario interno – come simbolo del  viaggio interiore per trovare senso e pace – e l’importanza della famiglia come santuario e sorgente di calore- diminuisce o va perduta.

Scompare anche il senso di sottostante legame con gli altri, così come, negli abitanti di una città, di un paese o della terra, il bisogno di sentirsi uniti da un vincolo spirituale comune.


Alla luce di queste parole possiamo iniziare a comprendere quanto sia vitale  recuperare Estia in noi: per il suo ruolo di fuoco, di centro, di riferimento e di connessione con gli altri fuochi simbolici di una casa, di una nazione, di un tempio. Riscoprire il nostro sacro ruolo, il nostro fuoco interiore, il ruolo del nostro Cuore da cui scaturisce il collante chiamato AMORE, CHE COME UNA FIAMMA VIVA DI CALORE  tutti raduna ed unisce sotto lo stesso tetto che trattasi di un casa, di un tempio, di una nazione

Una volta accesa occorre averne cura e custodia affinché resti sempre accesa per noi in primis e per chiunque entri in contatto con noi, stabilendo ciò che oggi verrebbe chiamata rete ma che amo di più immaginare come mandala, quello più importante che esista e che è alla base della Vita: è il mandala chiamato Fiore  della Vita. Da questo tutto ha origine e da questo possiamo immaginare si animino altri cerchi e fuochi sacri di luce di “messa a  fuoco” di coscienza interiore da offrire per l’evoluzione del mondo e dell’Umanità.



Mandala Fiore della Vita

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